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"Torino e il cioccolato, tanti modi di dire per una delizia del palato" di MANUELA VULLO

Tra Torino e il cioccolato c’è una passione che dura da secoli. Proviamo a ripercorrerla attraverso alcune parole e modi di dire nati proprio a Torino.


Fare una figura da cioccolataio: perché accanirsi sui cioccolatai, che in fin dei conti creano delle delizie, per indicare una brutta figura?

L’amore tra Torino e il cioccolato nasce nel XVI secolo quando dalle colonie spagnole arrivano i primi semi di cacao. Fino all’Ottocento il cioccolato sarà consumato solamente in tazza come bevanda liquida. Nel 1826 Paul Caffarel darà avvio alla produzione di cioccolato solido ottenuto mescolando cacao, acqua, zucchero e vaniglia.

Da lì in poi la città vedrà un fiorire di laboratori per la lavorazione del cioccolato e la passione per praline e cioccolatini si diffonderà rapidamente dall’aristocrazia alla borghesia.

I mastri cioccolatieri si arricchiscono rapidamente, diventano il simbolo del “nuovo arricchito”. Si dice che un cioccolatiere (rimasto anonimo) avesse iniziato a spostarsi in città ostentando una carrozza tirata da una quadriglia di cavalli, mentre solitamente i borghesi ne usavano una trainata da due. Pare che il Duca Carlo Felice (1765-1831) si fosse risentito e lo avesse fatto chiamare, chiedendogli di non imitare le abitudini regali: il re di Sardegna, di Cipro e di Gerusalemme non poteva permettersi di fare «na figura da cicôlatè».

Ognuno al suo posto, dunque.


Il Bicerin: è una bevanda che potrete gustare solo a Torino a base di caffè espresso, cioccolata e crema di latte, nata nel 1763 nell’omonimo locale ancora esistente in Piazza della Consolata, 5, un locale storico che da solo vale una visita a Torino.

La specialità deve il nome al recipiente che la contiene, un piccolo bicchiere che in dialetto torinese si chiama bicerin. Se vogliamo risollevare il tono di questo post troppo goloso con un tocco di cultura, ricordiamo che il bicerin è una metonimia, la figura retorica che usa il contenente per indicare il contenuto. In questo caso delizioso.


Il Gianduiotto: il cioccolatino a forma di barchetta rovesciata è uno dei simboli di Torino. La “pasta Gianduia” nasce nel 1852 dall’intuizione di Michele Prochet che, per far fronte alle difficoltà di rifornimento di cacao, divenuto un prodotto proibitivo e eccessivamente caro a causa del Blocco Continentale indetto da Napoleone, decide di unire all’impasto un prodotto locale, più facilmente reperibile e più economico: la nocciola delle Langhe, la “Tonda gentile” dal gusto delicato.

I “Gianduiotti” diventano i primi cioccolatini incartati, avvolti in una sottile carta dorata, ad essere messi in commercio. Il loro nome è un omaggio a Gianduia, la maschera popolare torinese che deriva dalla locuzione “Gioann dla doja” ovvero Giovanni del boccale. Sarà proprio questa maschera, in occasione del Carnevale del 1867, a distribuire per la prima volta questi nuovi cioccolatini al pubblico, battezzandolo con il proprio nome.


Se a questo punto della lettura la vostra golosità sta avendo il sopravvento e vorreste arricchire tutte queste informazioni con degli assaggi concreti a, le Guide Bogianen hanno il tour adatto a voi: domenica 13 aprile ci sarà “Una merenda al cioccolato”, il percorso più goloso per conoscere la tradizione cioccolatiera sabauda:


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